Concorsi Ripam in Sicilia tra giustizia ed equità
Sono sempre stato un grande fan del concetto di “equità”, concetto che da sempre mi ha affascinato ed allo stesso tempo fatto riflettere, soprattutto dal punto di vista della sua articolazione, ed esplicazione pratica, nella vita di tutti i giorni. E proprio in questi giorni un evento mi ha indotto nuovamente a riflettere sul senso ultimo dell’equità. Un evento comune, ma che proprio per la sua semplicità e banalità è stato, a mio dire, la cornice perfetta per una perfetta “violazione” del concetto di eguaglianza ad ancora di più per quello di equità. Nello specifico mi sto chiedendo se l’avere scelto come sede concorsuale, per espletare una prova preselettiva, gli ex MAAS di Catania sia stata una scelta ponderata su una determinata concezione del concetto di equità o se tale scelta sia stata dettata unicamente da variabili terze estranee al concetto di equità come anche a quello di uguaglianza. Ubicare la prova selettiva presso una località decentrata al punto che non vi è collegamento pubblico tra la stazione centrale e la località in questione, e l’unica modalità per raggiungerla risulta essere l’uso di una autovettura o l’usufruire di un servizio taxi privato, certamente può, a prima vista, apparire come la formalizzazione di un sistema non ponderato e che, sicuramente, ha avuto come conseguenza l’avere reso la prova concorsuale non aperta a tutti. Rifletto, quindi, su quanto sia stato corretto imporre a tutti i partecipanti che provenivano dall’esterno del territorio catanese una spesa per un servizio taxi che è stata “calmierata” tra i tanti tassisti della zona in ottanta euro, come a quelli che provenivano dal territorio catanese il dovere ricorrere ad un mezzo di trasporto privato proprio. Forse la circostanza di avere preso in locazione temporanea dei box in una struttura privata piuttosto che l’avere utilizzato una struttura pubblica non ha proprio dato i contorni dell’equità a tutta questa vicenda come anche la carente organizzazione logistica presente, oltre ad avere dato i tratti del grottesco a tutta la situazione, ha innescato un sentimento di amarezza connesso ad una innegabile sensazione di violazione del principio di uguaglianza per molti dei partecipanti. È stato giusto un esborso di denaro pubblico che ha concretizzato in molti dei partecipanti il dovere rinunciare alla partecipazione al concorso o il doverla affrontare, comunque, in una condizione di disagio? Certamente ci saranno state delle motivazioni a monte di certe scelte, motivazioni che al momento mi sfuggono, come penso avvenga anche per altri, e che inevitabilmente comportano un inquinamento della mia logica di pensiero al punto tale che altro non mi viene da pensare, al momento, se non che la “prova preselettiva del concorso Ripam per funzioni amministrativi” sia stata l’ufficializzazione di una vera e propria “ingiustizia di stato”. Non so se la mia percezione sia stata corretta e non so se, invece, equità e giustizia siano state rispettate, so soltanto che le ottanta euro in nero al tassista le ho date e la prova ho potuto sostenerla. Non ho nemmeno avuto la sfacciataggine di chiedere fattura anche perché già quando il tassista mi ha preso a bordo mi ha specificato che stava applicando una “tariffa speciale agevolativa” e che proprio perché “agevolativa” non prevedeva l’emissione di fattura. Ottanta euro in contanti, in nero, per un’andata e ritorno dalla stazione centrale di Catania ai locali ex MASS, ti fai la prova e non ci si pensa più. Giustizia ed equità? Forse al prossimo concorso, anche se i fatti di ieri, con altri candidati lasciati al buio ed al freddo per ore, proprio in quei locali del MAAS, dopo essere stati costretti a sostenere, comunque, una prova selettiva in una giornata di allerta meteo, lasciano poco da sperare.