Geo-diritto, geo-economia e introduzione alle scienze economiche e giuridiche nel nuovo mondo globalizzato
La globalizzazione è stato un fenomeno culturale che ha comportato, come suo effetto indiretto, una grande frattura sociale tra ristrette élite politiche e maggioranza della popolazione, con una politica debole e privatizzata che ha generato un crescente esercito di “esclusi sociali”. La nuova società globale transnazionale, fondata su una gerarchizzazione sociale, necessiterebbe di una rivalutazione di valori e programmi collettivi, sia dei cittadini che delle comunità, al fine di eliminare l’attuale divisione “verticale” della società che presenta una contrapposizione tra quelli che stanno “sotto” e quelli che stanno “ancora più sotto”, nell’inferno sociale generato dal capitalismo globale dove élite tecnocratiche governano con il sostegno del mondo finanziario e le forze politiche vengono percepite come una “oligarchia” separata dal popolo e dai suoi bisogni. In tale prospettiva di analisi lo studio delle relazioni tra norma giuridica e spazi territoriali evidenzia proprio come la globalizzazione ha profondamente alterato i rapporti tra economia e diritto, mettendo in crisi la stessa capacità degli ordinamenti giuridici statali di fornire una disciplina esaustiva a livello economico. La circostanza che le attività economiche non risultano vincolate da un radicamento territoriale inevitabilmente comporta che lo spazio del diritto, coincidente con il territorio dei singoli stati, non riesce più a ricalcare lo spazio dell’economia. La globalizzazione, in tal senso, ha avuto un risvolto sull’eticità delle imprese e sui vari circuiti economici con un rapporto non osmotico tra geo-diritto e territorialità. L’evoluzione disomogenea della materia giuridica, con l’assenza su scala internazionale di univoci parametri di diritto ed economia, unitamente alla debolezza dei singoli quadri normativo-istituzionali, ha dato l’opportunità al mercato di ricorrere ai c.d. “vuoti di tutela” sia negli ambiti commerciali che in quelli finanziari ed imprenditoriali. Tutti questi fattori rendono il fenomeno della globalizzazione assai complesso tanto che lo stesso si presenta, addirittura, come una ragnatela intrecciata di temi ed aspetti difformi. Oggi, purtroppo, risulta impossibile debellare “l’inquinamento” delle corrette logiche di mercato, necessitando, pertanto, solo di una rivisitazione dei tradizionali criteri di valutazione a fronte soprattutto dell’alterazione dei rapporti di proporzionalità esistenti tra ordinamento italiano ed ordinamento straniero. Palese è l’impossibilità di contrasto di tali fenomeni in un ambito territoriale esclusivamente nazionale e con i soli strumenti normativi del diritto interno soprattutto in un momento, come quello attuale, dove il rapporto annuale Istat 2021 fotografa in maniera non positiva la situazione economica e sociale dell’Italia illustrando il quadro delle conseguenze della crisi economica e l’avanzamento nel processo di ripresa nel paese dal punto di vista delle chiusure e dell’impatto sul commercio. Dai dati emerge chiaramente che a più di un anno di distanza dall’inizio dell’emergenza sanitaria l’attuale condizione dell’Italia risente ancora delle dinamiche di contrasto alla pandemia da Covid-19 con un andamento altalenante della crisi che comporta percorsi diversificati nei vari settori economici, fortemente influenzati anche da fattori sociali e territoriali nazionali e non. La pandemia ha causato a livello internazionale una caduta dei consumi con l’Italia che ha registrato un calo maggiore proprio a causa delle drastiche misure di contenimento dei contagi che hanno imposto lo stop dell’attività di molti settori produttivi. Sebbene alcuni segnali di recupero si siano avuti nel terzo trimestre del 2020, merito dell’allentamento delle restrizioni, nel quarto trimestre si è tornati ad un risultato negativo in corrispondenza del peggioramento della situazione epidemiologica. In generale, quindi, la ripresa fotografata presenta un quadro eterogeneo ed incompleto con una spesa media mensile delle famiglie italiane che rispecchia una ripresa economica che è ancora intermittente ma con le abitudini dei consumatori che, ormai, sono totalmente cambiate. Capire questa nuova situazione di mercato sarà la sfida delle scienze economiche e giuridiche, giacché da sempre l’economia politica ed il diritto sono state due discipline correlate nei loro rapporti proprio come discipline preposte allo studio dei collegati processi amministrativi, avendo nella nozione di “azienda” un punto di importante di incontro tra studi economici e studi giuridici. Lo studio di entrambe le discipline, infatti, è sempre stato basato su rapporti correlati, in quanto rami delle scienze sociali che hanno in comune la qualità dei problemi di rispettiva trattazione e che si differenziano solo per la diversità del fine a cui vanno riferite. Entrambe le discipline, infatti, hanno lo scopo ed il compito di ricercare le leggi tendenziali ed empiriche che costituiscono la logica dell’azienda, orientata al perseguimento del suo fine ma dettando la metodologia delle rilevazioni aziendali in maniera difforme. Se oggi un’azienda può essere definita in prima approssimazione come quella “particolare unità economica che al di là dell’individuo organizza e conduce il processo di produzione scambio consumo” in tal senso le forze che compongono il sistema della produzione aziendale sono rappresentate proprio dalle risorse umane, materiali e finanziarie unitamente anche alla capacità organizzativa e dell’ambiente di riferimento. Tutte variabili queste economicamente misurabili ma giuridicamente delineabili. L’economia politica, da un canto, nata dall’osservazione dell’aspetto economico dei problemi sociali, si è sviluppata come scienza della ricchezza di una data popolazione, elaborando nel tempo le teorie delle unità di produzione e di consumo, mentre le scienze giuridiche, con una copiosa letteratura, hanno inteso sistemare le teorie dell’azienda in quanto bene complesso atto a produrre da parte di soggetti in grado di costituirla e farla convenientemente funzionare. Si è partiti, quindi, dalla teoria dell’azienda come “soggetto di diritti” per passare a quella che la definisce come “patrimonio autonomo” fino ad arrivare, a quella che la considera come una “pluralità di distinti oggetti giuridici”, soffermandosi di fronte alla teoria sostenitrice, sempre nel campo giuridico, del c.d. concetto unitario. Certo, ad oggi, ancora le teorie giuridiche mancano di un largo fondamento economico, mentre dovrebbe essere il modello della proiezione dell’economia, nell’ambito del diritto, che le dovrebbe regolamentare al fine di evitare la conseguenza che la verità si offuschi se viene meno l’accostamento allo schema economico. E proprio in tal senso va letta la sfida dei nuovi operatori e dei formatori del diritto e dell’economia, sfida che sarà a tutti i livelli quella di tentare di dare una risposta alle varie lacune settoriali presenti. Se da sempre l’istituzione scolastica ha svolto un doppio ruolo, fornendo un bene ed un servizio alla società, proprio adesso una nuova introduzione alle discipline giuridiche ed economiche dovrà tenere conto sempre di più dei concetti di geo-diritto e geo-economia, al fine di trasmettere, ed inculcare, un nuovo approccio alle discipline aggiornato e funzionale alle esigenze del nuovo mondo “globalizzato post pandemico 4.0”.