Catania, ergastolo per il barelliere dell’ambulanza della morte

Si è concluso il primo grado di giudizio dell’inchiesta che, da anni, era in atto sulla macabra vicenda dell’ “ambulanza della morte”. Il caso era esploso a Biancavilla, in provincia di Catania, in Sicilia. Per Davide Garofalo è stata decisa la pena perpetua dell’ergostolo. Il pubblico ministero, Andrea Bonomo, per lui aveva chiesto la condanna a trant’anni di reclusione. Il barelliere 46enne iniettava aria nelle vene delle vittime, cagionandone il decesso per embolia gassosa. Le morti, poi, venivano fatte passare per naturali. Lo scopo successivo era quello di guadagnare in cambio dell’erogazione di servizi di onoranze funebri offerti alle famiglie delle vittime. Almeno tre le persone anziane e malate uccise con la medesima “tattica letale“. In particolare, tra le vittime accertate, una donna ed un uomo molto anziani e un 55enne.

Le indagini erano partite nel 2017. A farle scattare le confessioni di un pentito a “Le Iene”. La Procura di Catania aprì un’inchiesta e i Carabinieri di Paternò indagarono. S’indagò, in totale, su circa 50casi, tutti pazienti dimessi in fin di vita. A Biancavilla, la «gente non moriva per mano di Dio» – aveva dichiarato. È, inoltre, emerso che «erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza» e che i «soldi andavano all’organizzazione». A decessi avvenuti, infatti, discendeva l’automatica opportunità di «guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50» per la vestizione delle salme. I soldi, nell’ultimo passaggio, venivano spartiti tra gli esecutori materiali ed i clan mafiosi di Biancavilla e Adrano, una propaggine della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania scardinata, cinque anni fa, grazie alle operazioniOnda d’urto” e “Reset“. Omicidio volontario, dunque, ed estorsione aggravata dal metodo mafioso per Garofalo che dovrà anche pagare una provvisionale di 400mila euro così suddivisi: 360 per le famiglie delle vittime e 40 per le associazioni costituitesi parte civile, tra queste l’Asp di Catania ed il Comune di Biancavilla. A stabilire pena e quantificazione dell’importo la Corte d’Assise.

L’attività investigativa ha, inoltre, condotto ad altri due barellieri, rei essi stessi dei reati contestati al Garofalo ma commessi in ambulanze diverse. Agatino Scalisi, accusato di un solo omicidio, verrà giudicato con il rito del giudizio direttissimo. In emersione dati importanti. Intanto, la macabra vicenda, di cui erano ignari sia i vertici dell’ospedale che i medici, risalirebbe al 2012. Eppoi, stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, le cose andavano così: il malato terminale veniva dimesso e portato a casa, a quel punto «siccome era in agonia, e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia». I familiari, appresa la tragica notizia, in preda al grande dolore per la perdita improvvisa, venivano “aiutati” con il fatidico suggerimento di un’agenzia di pompe funebri.